lug 27 2009

Milongueando en el 2009

Category: Rubrica Raccontiennio @ 05:50

1229tramonto01Eccomi di nuovo in macchina, diretta verso una milonga, emozionata e trepidante come se fosse la prima volta (ogni volta, per ragioni imperscrutabili, mi emoziono come se fosse la prima volta), in un incantevole crepuscolo estivo, mentre ascolto la delicata, antica melodia dei tanghi di Ciriaco Ortiz.

Lo so che parte dell’agitazione e della trepidazione è legata al fatto che non ho idea di dove sia la milonga, e oramai siamo rimasti solo io e il mio ballerino gli unici al mondo a non avere il navigatore, per cui mi rimane sempre il dubbio (fondato!) di perdermi nelle campagne padane.

Oh! sono previdente, parto con largo anticipo: l’esperienza mi insegna che riesco a perdermi nelle rotonde all’uscita dai caselli, perché invariabilmente prendo l’uscita sbagliata e mi infilo in tangenziali senza ritorno (ma a questi che stanno disseminando la pianura padana di rotonde tangenziali e autostrade, non gli può venire in mente che qualcuno potrebbe sbagliarsi e che gli andrebbe data l’opportunità di tornare indietro prima di aver percorso un centinaio di km e perso l’orientamento?).

Oh! anche il mio ballerino è previdente: l’esperienza gli insegna che tendo a perdermi in un bicchier d’acqua, per cui mi dà appuntamento ad un distributore di facile individuazione (anche perché ci siamo già incontrati lì altre volte!); ma oltre che previdente è anche un po’ distratto, e mi scrive”ci vediamo al distributore IP alle 9.30”; ma quando arrivo, il distributore è “Esso” e io vado nel panico, vedo sgretolarsi le mie certezze, comincio a pensare freneticamente “ho sbagliato via? ho sbagliato paese?” e, invariabilmente, come tutte le volte che dobbiamo trovarci, lo chiamo per confessargli che mi sono persa, o che mi sono sbagliata, o che ho capito male…. ma certamente sarò in breve in grado di raggiungerlo.

Eppure, per una volta, non ho sbagliato, sono nel posto giusto al momento giusto (detto così sembrerebbe una predestinazione, ma di fatto è solo un appuntamento!) e lui arriva ridendo; non lo dice, ma so perché ride: ogni volta, non è un semplice appuntamento, è un’incognita, un’avventura, una sliding door!

Partiamo, ognuno con la propria macchina, e arriviamo, poco più in là, in posto delizioso, una terrazza sotto le stelle, aperta su una campagna antica, ombreggiata da faggi (in verità non sono sicura che fossero faggi, ma mi piace pensarlo, e in ogni caso erano piante bellissime), e addolcita dal fiume.

malenacantaeltangord0 La serata è incantevole: il cielo è terso, stellato, il clima dolcissimo; per la musica non ho dubbi, il musicalizador è uno dei miei preferiti; ora sta a noi darle un senso, renderla perfetta col nostro tango.

Si inizia finalmente a ballare con una tanda di guardia vieja, e tu, che mi stai seduto di fronte, mi fai, anzi, mi accenni un cabeceo; dio! come adoro questi riti, questo chiedere come se fosse possibile una risposta diversa da un “sì” (anzi, ora che ci penso, la prossima volta, tanto per il gusto di disorientarti, ti rispondo “no”, ma solo per dirti “sì” subito dopo!!!); e così ci alziamo, ci facciamo largo tra la gente e arriviamo sulla pista, fra le altre coppie che già stanno ballando; e lì, in piedi uno di fronte all’altro, senza guardarci, ma consapevoli del reciproco respiro, inizia la magia: lentamente mi prendi la mano, che io docilmente appoggio nel tuo palmo, lentamente con l’altro braccio mi avvolgi la vita, facendo contemporaneamente scivolare il mio braccio intorno alle tue spalle, e quindi , come fossimo strumenti musicali, accordiamo il respiro: è un momento senza tempo, sei tu che imponi il ritmo, è in quel momento che mi metto in ascolto di te, la musica è un sottofondo lontano, ora sono solo accordata su di te, sulle tue note, respiro con te e aspetto che tu dia inizio al nostro tango (che fra parentesi inizia sempre in modo diverso, inusuale, inaspettato); a volte penso che potremmo restarcene lì così, immobili, intensi, per tutta la durata del tango, e anche solo così, avremmo ballato!

Ma per essere più convenzionali, alla fine iniziamo a muoverci in mezzo alle altre coppie come se ci fossimo solo noi e nessun altro (per la verità questa è una sensazione tutta mia, magari la prossima volta ti chiedo se anche tu senti la stessa cosa) non perché ci muoviamo come dei bisonti travolgendo tutto e tutti, ma perché balliamo senza curarci di chi ci può osservare, e interpretiamo e sperimentiamo e ridiamo come se davvero non ci fosse nient’altro oltre a noi due e la musica.

Stiamo talmente bene che non ci fermiamo un istante (giusto per le cortine, ma con un filo di rammarico), balliamo tutto,tanghi, vals, milonghe, Biagi, Canaro, Rodriguez, Pugliese: tu ti giustifichi dicendo che non sai ballare los anos (o gnagnos?) 40-50 e io penso che nessuno mi ha fatto mai ballare così bene “A Evaristo Carriego”; forse devo avertelo anche detto, ma in caso, te lo dico la prossima volta (ma quante cose devo dire e fare la prossima volta?).

peppi E così tango dopo tango, volteggiamo su questa terrazza estiva, io che a volte ho la sensazione di toccare appena il terreno, tu che via via alleggerisci sempre più la mano, che alla fine mi sfiora appena la schiena (ahimè) sudata, io che scorro nel tuo abrazo, tu che mi guidi appena, con piccoli cenni delle spalle, impercettibili cambi di peso, a volte quasi con il solo pensiero, io che rispondo come uno strumento fra le dita del musicista, docile (non sempre, a volte imbizzarrisco e ti brucio un incrocio!!!), leggera, in sintonia, quando….

Non so se mi sono distratta ascoltando la musica, non so se ti sei distratto ascoltando la musica (o guardando le donne bellissime intorno!), ma non mi arriva il segnale, non ti sento, ti ho perso!

Non so che fare, mi sento perduta, e allora, mentre ci stiamo librando come libellule, volteggiando in giri di cui mi ostino a tenere il conto dei gradi, mi blocco, come faccio di solito sull’ultima nota del tango, mi pietrifico, mi ancoro al pavimento, mi zavorro, divento granitica, mi si stampa in fronte “Mara for ever”, mentre tu cerchi, con gesti e sforzi inusitati resi un po’ confusi e necessari dal mio inamovibile, improvviso e assolutamente autonomo bloqueo, di schiodarmi dal pavimento; e invece io me ne resto lì, immobile, con gli occhi bassi, senza il coraggio di alzarli per incontrare i tuoi: ho rotto la magia! Ma non posso restare lì, e soprattutto tenerti lì per sempre, e alla fine alzo lo sguardo di sottecchi per spiare la tua espressione e tu sei lì, che mi guardi un po’ di sbieco, con l’angolo della bocca piegato in un sorriso divertito, e alla fine, ridendo, mi dici “peso specifico altissimo!!!” come a dire “come è possibile che una creatura tanto piccola e tutto sommato minuta, possa pesare così tanto?!”.

E allora una risata senza riserve mi sale dal cuore e riprendiamo a ballare ridendo e respirando e cantando insieme (e così mi viene in mente quando mi hai chiesto come sia possibile che dei testi e delle musiche tanto tristi possano rendere la gente tanto felice, visto che in milonga di solito la gente è felice).

Non ci siamo mai fermati, abbiamo continuato a ballare finchè praticamente ci hanno cacciato; quello che non sai è che avrei continuato a ballare per le scale, per la strada, e che comunque, per quel che ho potuto, ho continuato a ballare in macchina fino a casa, sull’antica, delicata melodia dei tanghi di Ciriaco Ortiz (ma tanto, anche questo, te lo dirò la prossima volta!).

Gabriella 'La Pepita'

 

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